Topolino – In The Dark X

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Quando sentirono la guardia cadere a terra era ormai troppo tardi: il Razziatore era già all’uscita dello stanzone enorme in cui si trovavano. Lyla sbottò:

– Cazzo, non restate impalati! –

L’ordine fu quasi superfluo. Cinque dei suoi uomini erano già all’inseguimento del fuggiasco. Anche Paperinik gli fu subito dietro, ancora zoppicante dopo essere stato legato tutto quel tempo. Lyla invece partì di corsa verso un’altra uscita, per coglierlo di sorpresa.

Topolino invece non ci provò nemmeno. Quando si rese conto di cosa aveva provocato il suo accesso di rabbia, si sedette semplicemente per terra, ogni energia scomparsa.

Pochi minuti dopo vide tornare prima Paperinik e gli altri, e poi Lyla.

– È scappato? –
– È scappato. –

Topolino bestemmiò sottovoce.

– Ed è tutta colpa mia… –
– In effetti non ha senso fingere che così non sia, – disse Lyla.

A terra, ignorato da tutti finora, Macchia Nera cominciò ad emettere piccoli sbuffi d’aria. Ci volle un attimo prima che capissero che stava ridendo.

– Che cazzo hai da ridere, tu? –
– Tutto questo salvataggio, tutte queste belle parole… tutto inutile. Vi fregherà tutti quanti… –
– Che cosa vuoi dire? –
– Lo vedrai, – e rise di nuovo della sua risata morente.

Questa volta Topolino non disse nulla, ma si posizionò direttamente sopra a Macchia Nera e gli puntò il piede sopra la ferita all’addome.

– Starai anche per morire, ma ci sono molti cazzo di modi per morire. –

Le parole gli uscivano quasi smozzicate, tra i denti serrati. Spinse solo un poco con il piede e sotto di lui Macchia Nera gemette.

– Ora tu mi dici quello che sai e in questo caso posso anche pensare di lasciarti crepare in maniera decente. Altrimenti, – e qui premette di nuovo il piede sulla ferita, ricevendo in cambio un soddisfacente gemito, – io sto qui a farti soffrire come un cane fino a che non muori. E fidati che sono abbastanza incazzato, per cui farei in modo di tirarla più a lungo possibile. Ora parla: dov’è andato il Razziatore? Che cos’ha in mente? –

Dietro di lui Paperinik gli posò una mano sulla spalla e provò a parlare:

– Topolino, non è così che facciamo, noi. –
– Non mi interessa. Ho provocato io il casino, e per risolverlo farò quello che è necessario. Non possiamo rischiare la possibilità che il Razziatore riesca a salvarsi e fare chissà cosa. Forse non posso tornare indietro a salvare Minni, ma posso impedire che tutto precipiti. Costi quello che costi, capito? –

Si girò a guardarlo. Paperinik tolse la mano e fece un passo indietro. Topolino allora si rivolse di nuovo a Macchia Nera.

– Pronto a goderti le ore peggiori del poco che ti resta da vivere? –

Alla fine Macchia Nera aveva resistito quasi dieci minuti, prima di sputare fuori quello che sapeva. Lo lasciarono alle cure di uno del team di Lyla che aveva qualche conoscenza medica. Troppo poca per poter fare davvero qualcosa, abbastanza per poter dire loro che non c’era molta speranza.

Nessuno di loro versò lacrime alla notizia.

Lyla, Paperinik e Topolino raccolsero invece altri tre della squadra di Tempoliziotti, una pistola a testa, e si mossero di corsa verso le scale e poi fuori dall’edificio. Recuperarono uno dei furgoni con cui era arrivata Lyla, perché la 313 era troppo piccola per tutti e sei.

– Sai dov’è il posto? – chiese Topolino.
– Certo che sì, – disse Paperinik, mettendosi al posto di guida.

Quello che Macchia Nera aveva spifferato era che il Razziatore si era probabilmente diretto verso uno dei suoi vecchi covi, dove, a quanto pareva, era riuscito a nascondere una macchina del tempo da uno dei suoi primi viaggi. Macchia non sapeva se ancora funzionasse, ma lui ne era convinto.

Era una corsa contro il tempo. Se il Razziatore fosse riuscito a raggiungere l’apparecchio prima di loro, avrebbe potuto anticipare tutte le loro mosse. Il mondo che stavano vivendo avrebbe avuto un leggero scossone e loro si sarebbero ritrovati morti, distesi a terra da qualche parte senza possibilità di farci niente.

Paperinik premette l’acceleratore a fondo.

Quindici isolati più tardi il furgone si fermò con uno stridio di gomme davanti a un palazzo dall’aspetto anonimo. Su di esso campeggiava l’insegna al neon di un bar, La Torre, che però sembrava chiuso e sbarrato. Fu lì che si diresse Paperinik.

– La porta è bloccata e nessuno sembra averci messo le mani da qualche anno, qui. Dobbiamo provare l’ingresso sul retro. Se siamo fortunati e siamo arrivati prima del Razziatore siamo a posto. Se è arrivato lui prima di noi, siamo fottuti. –

Si diressero verso il retro dell’edificio, armi in pugno e all’erta. Non videro nessuno, ma quando giunsero alla porta, anche questa era chiusa e bloccata. C’erano però dei segni per terra, e sembravano molto recenti.

– Aspettate, – disse Paperinik.

Estrasse da una delle sue mille tasche una sorta di peretta, che premette facendone uscire un liquido che fece scorrere lungo tutto lo stipite e sulla serratura. Si levò subito un puzzo chimico micidiale, ma dove si era posato il liquido il metallo della porta sembrò sciogliersi.

Dopo venti secondi Paperinik disse:

– Datemi una mano. –

I tre del team di Lyla (che a quanto pareva si chiamavano Rod, Tod e Ned), andarono subito ad aiutarlo. Lui prese la maniglia, appoggiò una mano allo stipite e tirò. La porta si staccò dal muro e se non ci fossero stati loro, sarebbe caduta a terra di schianto. Così invece la presero e la appoggiarono lentamente e silenziosamente sul marciapiede.

Poi si infilarono nel buio.

Dentro sembrava il normale retro di un bar e la luce proveniente dalla strada permetteva loro di vedere frighi, dispense, grembiuli e una piccola zona cucina. Andando avanti, però, giunsero a quella che sembrava la porta di una cantina e senza esitare Paperinik li condusse attraverso la soglia. Lì dentro era ancora più buio e furono costretti ad estrarre delle torce, a parte Topolino che non ce l’aveva: lui dovette cercare solo di stare attaccato a loro e non incespicare facendosi sentire da tutto il palazzo.

Più facile a dirsi che a farsi. Le scale sembravano il paradiso di un rigattiere, costellate di pezzi di ferraglia, vecchie radio di plastica, pezzi di computer… e ad un certo punto pezzi di macchinari che non si erano mai visti, forme e materie dall’aspetto alieno, chip e ingranaggi e cose che Topolino non riusciva a identificare. A malapena riusciva a evitare di inciamparci addosso, in quelle scale che sembravano non finire mai e scendere giù e giù fino all’inferno.

Dopo almeno dieci anni di gradini finalmente da sotto iniziò a vedersi una flebile luce. Tutti spensero le torce, attesero che gli occhi si riabituassero all’oscurità e poi continuarono a scendere.

Paperinik era quello che apriva la strada e fu lui ad alzare il pugno chiuso per fermarli. Erano arrivati in fondo alle scale e un corridoio si apriva sulla sinistra. Si sporse per vedere cosa c’era oltre, poi fece segno di avanzare: la via era libera fino in fondo, dove poi sembrava si aprisse la cantina. Mentre procedevano videro aumentare sempre di più la luce. Poi iniziarono a sentirsi anche dei rumori: qualcuno parlava tra sé, mentre spostava cose, ne faceva cadere altre, e imprecava.

Il Razziatore era lì.

Paperinik fu di nuovo il primo, Lyla subito dietro di lui, poi i suoi uomini e alla fine Topolino. Si lanciarono oltre l’angolo del corridoio con le armi puntate, decisi e completamente focalizzati.

E oltre l’angolo non videro nulla, a parte una piccola stanza anonima, con le pareti spoglie.

Dietro di loro si levò la voce del Razziatore:

– Come se non avessi saputo che sareste arrivati. –

E cominciò a sparare.

Loro non ebbero nemmeno il tempo di girarsi. Il primo colpo era forse puntato a Lyla Lay, ma uno del suo gruppo (Rod?) intercettò il proiettile col suo corpo. Paperinik a quel punto però si stava già muovendo verso l’altro lato della stanza. Si vedeva solo un muro, ma era da lì che proveniva l’attacco e lui non esitò nel lanciarsi addosso alla parete. Ci sparì dentro.

Nel frattempo, Topolino fu colpito ad una gamba insieme ad un altro del team di Lyla che rimase a terra con almeno due proiettili in corpo. Il dolore era forte, ma Topolino sentiva rumori di lotta all’altra parte e non aveva intenzione di rimanere lì senza fare nulla. Si trascinò per terra con la pistola in pugno fino alla parete “fantasma”, quindi ci andò addosso. Vide solo grigio per forse tre secondi, poi penetrò anche lui nella stanza nascosta.

Non era una stanza. Non era nemmeno una cantina. Era la madre di tutte le cantine, una specie di anfiteatro sotto terra. Qui si nascondevano quella che sembrava una navicella spaziale e un altro macchinario dall’aspetto futuristico, in mezzo ad un mondo di altri oggetti sparsi, scaffali, pezzi di ricambio e cianfrusaglia.

Ed era lì che Lyla, Paperinik e quello che sembrava essere Ned, stavano combattendo contro il Razziatore. Erano in tre, ma a malapena riuscivano a stargli dietro. Era incredibile che uno così grosso fosse anche così veloce, ma lo era, e li stava tenendo in scacco. Anzi, stava per sopraffarli.

Nonostante la gamba, Topolino si avvicinò per vedere se riusciva a sparargli, ma si muovevano troppo in fretta ed erano tutti troppo vicini per non rischiare di colpire uno degli altri. Valutò se sparare lo stesso, poi invece cambiò direzione del suo strisciare e si allontanò con la pistola in mano.

Nel frattempo Paperinik si stava stancando, e in fretta. Il Razziatore sembrava inesauribile. Ferita o no, li stava portando piano piano dove voleva lui, finendoli un colpo alla volta mentre volteggiava tra loro con la faccia di uno che si sta divertendo un mondo.

Ansimando provò di nuovo a colpirlo con un calcio rotante alla testa, ma fu preso e scaraventato contro uno scaffale. Fu poi la volta di Ned, steso da un diretto al mento. Lyla fu l’ultima: la prese per la gola e la lanciò a terra, dove rimase.

– Ahr ahr ahr! Tutto qui? E vi siete anche scomodati a venire a trovarmi in casa mia per poterle prendere così? Potevate lasciarmi fare e almeno sarebbe stato meno doloroso. –

Paperinik provò a rialzarsi, ma le gambe non lo tenevano. Il Razziatore invece sembrava non avere nemmeno il fiato corto.

– Tutta questa fatica, questi salvataggi in extremis, solo per poi farmi vincere lo stesso? Adesso io entro in questa macchina, esco dieci giorni nel passato e vi faccio il culo prima ancora che voi sappiate che esisto. –

Rise ancora.

– Per voi sarà come un sogno. Ora siete qui, doloranti e a terra, e tra poco sarete semplicemente morti. –
– Mi sa che questa volta sono io a doverti dare una delusione. –

La voce di Topolino riecheggiò dall’altra parte della cantina. Il Razziatore si voltò, colto di sorpresa, e guardò con orrore mentre il topo svuotava il caricatore della pistola addosso al pannello dei comandi della sua macchina del tempo.

– Che cosa hai fatto! –

Si lanciò verso Topolino come una furia, pronto a uccidere. Lui, con l’arma ormai inutile, lo aspettò braccia aperte. Non sarebbe andato giù senza combattere, ma sapeva bene di non avere nessuna speranza, ferito e a terra com’era. Niente di terribile: alla fine la sua settimana era iniziata con un tentativo di suicidio, quindi questa sarebbe stata solo una morte in ritardo.

La prima zampata lo scaraventò addosso alla macchina. Il fatto di essere a terra per colpa della ferita alla gamba fu forse una salvezza, perché il Razziatore non riuscì a prenderlo con piena forza. Nonostante questo sentì chiaramente almeno un paio di costole spezzarsi e il dolore togliergli il fiato. Non sarebbe sopravvissuto molto.

– Adesso ti stacco quella cazzo di testa! –

Il Razziatore lanciò da una parte la sedia e gli scatoloni che gli ostruivano parzialmente la via verso Topolino, pronto a mettere in atto le sue minacce. Lui alzò le mani per difendersi, ma non c’era molto che potesse fare. Almeno sarebbe morto sapendo di avergli rovinato i piani. Magra consolazione, ma dalla vita si prende sempre il poco che si può.

Poi sulla testa del Razziatore davanti a lui comparve una piccola indentatura, gli occhi si appannarono e sembrò bloccarsi d’improvviso. Mentre il corpo enorme vacillava e infine cadeva a terra, quasi schiacciandolo, Topolino vide che l’indentatura era stata causata dalla sbarra di metallo che Lyla gli aveva appena piantato in testa.

Per non sbagliare, quando fu a terra, la vide poi estrarla e piantargliela un altro paio di volte in faccia.

– Direi che ora sì che è morto. –

Pur sofferente, Topolino sorrise e disse:

– Direi anch’io. Grazie. –

– Piacere mio, era un pezzo che volevo farlo. Peccato solo che non ci sia riuscita prima che ti colpisse. Era troppo forte. –

– Vai tranquilla, – tossì, – l’importante è il risultato finale. –

Nel frattempo, claudicante, arrivò anche Paperinik. Non sembrava messo molto bene neppure lui.

– Ragazzi, non vorrei disturbare, ma che ne dite se andiamo a farci una gita in ospedale? –

Quattro giorni dopo

Sembrava una scena da film, uno di quegli action movie in cui tutti alla fine si ritrovano al capezzale di qualcuno per la parte finale. Che cliché. Eppure Topolino non poteva fare a meno di esserne felice lo stesso.

Da Topolinia erano arrivati persino Basettoni, Manetta e Pippo. La stanza d’ospedale cominciava ad essere un po’ affollata, ma la presenza di Paperinik aveva scoraggiato le infermiere dal venire a scacciarli. Non che la sua figura fosse molto minacciosa, con un braccio appeso al collo e fasciature in ogni parte del corpo. Oltre a loro c’era anche Lyla, mentre Zio Paperone se n’era appena andato.

– Possiamo parlare tranquillamente, ora? – chiese Topolino.

Paperinik lanciò una breve occhiata ai tre ospiti esterni.

– Loro sono fidati, come si dice di solito. Puoi dirmi quello che mi interessa sapere, adesso? Sono giorni che mi tengono isolato. –
– Beh, una pallottola vicina all’arteria femorale e tre costole rotte… –
– Non erano due? –
– No, erano tre e una ti stava per bucare i polmoni. Ti credo che ti tengono isolato e tranquillo. Già adesso vorrebbero sbatterci fuori. –
– Sì, vabbeh, ma io voglio sapere se è andato tutto a posto. –
– La risposta è sì. – Paperinik sorrise. – Macchia Nera purtroppo è morto prima che tornassimo da lui, il Razziatore è chiaramente morto. Entrambi, insieme con i loro uomini, sono stati cremati, giusto per sicurezza. –
– Tu c’eri? –
– Puoi scommetterci. Ho premuto io il bottone di accensione del fuoco e poi ritirato le ceneri, per poterle versare giù per le fogne. –

Già solo questo sembrò togliere un grosso peso dalle spalle di Topolino.

– E il resto dei loro uomini? –
– Lì abbiamo dovuto un po’ improvvisare. Abbiamo dovuto usare metodi un po’ più brutali per scoprire tutti i rifugi e tutti i nomi, ma siamo stati efficaci. Abbiamo dovuto fare anche alleanze che non ci sono piaciute molto, ma in questo momento abbiamo bisogno di manodopera volenterosa. –
– Alleanze con chi? –
– Eh, la cara vecchia malavita paperopolese… –
– Ah sì? –
– Si sono presentati loro da me, ad offrire il loro aiuto per spurgare la città. Chi sono io per rifiutarmi di accettare un supporto così utile? –
– E a Topolinia? –

Fu Basettoni a rispondere.

– Tutto sotto controllo. I tuoi amici ci hanno avvisato della trappola di Macchia Nera, ma morto lui, non c’era nessun altro che potesse prendere in mano le cose. Proprio ieri, la più grossa operazione anticrimine della città ha portato in gabbia un bel po’ di gente, tra cui il tuo amico Gambadilegno. –
– Solo belle notizie, dunque. – Topolino sorrise. – Era ora. –

Paperinik intervenne:

– Sì, ma questo periodo buio lascerà le sue cicatrici su di molte persone. E non dovrebbe essere così. Paperopoli, e anche Topolinia, erano isole felici in un mondo complicato. Adesso forse torneranno più felici, ma non sarà mai più come prima. –
– E io ho distrutto l’ultima macchina del tempo disponibile in quest’epoca… –
– Non avrebbe funzionato in ogni caso. – Questa era Lyla. – Il Razziatore pensava di poter fare quello che voleva con il tempo e lo spazio, ma strappandoci via dal multiverso, quello che ha causato è stato molto più pericoloso. Se avesse davvero sistemato e messo in azione quella macchina, nella migliore delle ipotesi avrebbe fatto sprofondare l’intera Paperopoli in un buco nero. –

Si fermò.

– Non avremmo potuto usare quella macchina per scopi positivi, Topolino. Per nessun motivo. –

Lo fissò, per vedere se aveva capito. E lui aveva capito: Minni era al di là di qualsiasi possibilità, ormai.

– E tu e i tuoi Lyla, allora? Bloccati qui per sempre? –
– Sì, è così, purtroppo. Ma ci sono luoghi peggiori in cui rimanere bloccati. –

Paperinik rise.

– Questo è certo. Pensa se fossi obbligata a vivere a Ocopoli! –

Risero tutti, più per la possibilità di farlo che altro. Perfino Topolino si sentiva più leggero, più vivo. Il dolore per la morte di Minni non era ancora passato, e probabilmente non lo sarebbe mai stato del tutto, ma sentiva che forse il futuro per lui ora non sarebbe dovuto essere proprio così nero.

– E adesso? – chiese.

Fu Paperinik a rispondergli:

– E adesso andiamo avanti. Un passo alla volta, come sempre, finché non saremo del tutto fuori dall’oscurità. –

Topolino sorrise. Lì, con i suoi amici di sempre, la luce sembrava già risplendere un po’ di più.

FINE

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