Quando tutto accade, sono pronto.
I primi casi spuntano in Sudamerica, ma capisco subito che il problema non rimarrà limitato a quel continente. Hollywood insegna, dopotutto. Quando vedo i video diventati virali in tutto il mondo, non ho dubbi: non ci vorrà molto prima di essere i prossimi.
Il mio amico Stefano all’inizio ovviamente minimizza e non mi crede, ma so come convincerlo. Lui è un nerd come me, conosco bene i suoi punti di pressione. Mi serve perché è una delle guardie giurate del Super Iper, il centro commerciale più vicino a casa nostra con le caratteristiche più utili per i miei scopi. Mi faccio raccontare bene come funzionano i rifornimenti, gli ingressi, il parcheggio sotterraneo, ogni cosa. Poi gli spiego il mio piano, e anche se inizialmente mi ride dietro, pian piano si convince.
Quando cominciano ad esserci casi anche in Francia, in Austria e poi in Lazio, Stefano non ha più il minimo dubbio. Due giorni dopo, alle tre del mattino, siamo davanti al Super Iper. Siamo in quattro auto e due camper: i nostri genitori e i pochi amici che ci hanno ascoltato e non ci hanno riso in faccia. Se tutto va come temo, gli altri avranno da ridere ancora per poco.
Nei nostri veicoli, oltre alle cose di prima necessità, anche una valanga di armi (mai stato più contento di avere genitori paranoici). Ci serviranno adesso, ma soprattutto ci serviranno quando scoppierà l’inferno.
Passiamo la notte a lavorare e quando arrivano le sette e mezza del mattino siamo barricati dentro al centro commerciale. I primi dipendenti del Super Iper che provano ad entrare si trovano davanti un pazzo in passamontagna (cioè io), che con un fucile a pompa gli intima di starsene distanti.
Quando arriva la polizia, la sceneggiata è in pieno svolgimento. Io e Stefano fingiamo di aver preso in ostaggio i nostri genitori e amici e di volerli tenere lì per una settimana per una sorta di dichiarazione politica anti-sistema e anti-consumista. Non so quanto sia credibile, ma se ho fatto bene i conti a breve le forze dell’ordine avranno altro a cui pensare. Non proviamo nemmeno a dire loro la verità e invitare gente dentro con noi, sappiamo bene che fine fanno le Cassandra di questo mondo. È solo questione di pochi giorni: se riusciamo a convincerli a non fare cazzate (tipo entrare con la forza ammazzandoci tutti), le cose andranno per il meglio. Almeno per noi, cioè.
L’assedio va avanti per quatto giorni, prima che poliziotti e giornalisti si trovino ad essere impegnati a stare dietro ai morti che si rialzano dalle tombe con una certa fame di cervello. Noi diventiamo prima una notizia da seconda pagina, poi svaniamo dal radar quando le cose si fanno davvero brutte. La preoccupazione principale diventa sopravvivere, non certo quattro disgraziati in un centro commerciale.
Noi intanto, da lì dentro, ammiriamo il mondo andare in malora come tanti film ci avevano già mostrato accadere in passato. Se avessero messo al governo gente con più cultura cinematografica, forse non sarebbe andata così, ma a quanto pare a Scienze Politiche non si studia George Romero.
Quello che invece facciamo noi è basarci appunto sullo studio di pellicole di serie B fatto nel corso di anni, tentando di prevenire qualsiasi tipo di problema già visto.
Entrate, finestre, fogne, tubi vari di dimensioni più grandi del normale: tutto sigillato.
Armi in quantità sufficiente per affrontare un’invasione dei nordcoreani.
Nessuna donna incinta con figlio probabilmente zombie.
Nessuna intenzione di muoverci prima che siano passati tre mesi.
Nessuna pietà in generale: non si va a recuperare la nonna che ci siamo improvvisamente ricordati essere in casa di riposo e non si fa entrare nessuno di chi viene a provare a rifugiarsi qui, soprattutto se sembra ferito e non si capisce se è stato morso.
Nel frattempo anche gli zombi provano ad entrare.
E riprovano.
E riprovano.
Ogni volta è una carneficina, e ogni volta siamo contenti di esserci portati dietro l’arsenale di Rambo. Li blocchiamo prima ancora che arrivino vicini, sparando dal tetto e facendoli a pezzi. Dopo la quarta volta che riusciamo a scacciare i gruppi più grossi che provano ad attaccarci, anche loro sembrano imparare e non si presentano più. Ogni tanto qualche solitario arriva e tenta di entrare da qualcuna delle entrate sigillate, ma desiste quando vede che è impossibile.
Tra una partita a Monopoli e una corsa sul tapis roulant, un film e una chiacchiera, i tre mesi passano abbastanza velocemente.
No, non è vero. Ogni giorno pesa come una tortura, ma tentiamo di non pensarci. E tentiamo di non pensare alla prossima parte del piano, quella davvero pericolosa.
Non appena i viveri saranno quasi finiti, caricheremo sui camper tutto quello che ci resta, prenderemo altri due furgoni oltre alle auto che abbiamo, caricheremo materiale e attrezzature e li blinderemo. Poi partiremo, e tenteremo di vedere se la Storia può salvarci.
Sì, perché l’obiettivo è quello di lasciarci consigliare dal passato per poter arrivare ad avere un futuro.
L’idea è di fare quello che fecero i Veneti dei tempi antichi. Quando le loro terre furono invase si rifugiarono sulle isole della Laguna, costruendo lì quella che sarebbe poi stata l’attuale Venezia, al riparo da ogni nemico.
È così che faremo noi. Abbiamo studiato accuratamente le isole e abbiamo scelto quella con maggiore spazio verde, impossibile da raggiungere se non in barca. Lì andremo a creare la nostra colonia per il futuro, dove poter provare a sopravvivere, coltivando, allevando qualche animale, ed essendo quanto più autosufficienti possibile.
Se saremo fortunati incontreremo anche altri sopravvissuti e riusciremo a creare un ecosistema che duri almeno fino a che non finirà la piaga degli zombie.
Se saremo sfortunati… saremo sfortunati.
Le cose non sono andate come pensavamo, e ora le nostre possibilità si sono ristrette. La vita, spesso, non va come te l’aspetti. Noi proveremo a farla andare meglio.
Che Dio ce la mandi buona.