Non doveva finire così.
Lo so, lo dicono tutti, prima di chiudere il cassetto sulla loro vita, prendere e andare avanti.
Non doveva finire così. Ma lo ha fatto.
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Quando mi sveglio è lunedì mattina e già questo non è che mi metta di buon umore.
Durante questo lungo week end di feste e bagordi sono riuscito a dimenticarmi per un po’ lo stato effettivo della mia vita, e questo mi ha aiutato ad affrontare le ore in maniera più facile e senza troppi pensieri negativi.
Oggi però è lunedì e quella leggerezza se ne va in un secondo, non appena la consapevolezza ritorna nella mia mente annebbiata.
Altro che Blue Monday inventato per fregare i consumatori. Qui è tutto un Blue Monday.
Sono le sette e quarantacinque quando mi trascino fuori dal letto e inizio a prepararmi per la giornata.
Bagno.
Colazione.
Prepara la borsa del pranzo.
Parti.
Arriva.
Inizia a lavorare.
Non è che mi faccia schifo la mia vita, eh. È che non doveva essere proprio così. Io dovevo essere lo Scrittore. Io dovevo mantenermi con la mia Arte, dovevo vivere una vita stimolante, fatta di incontri, libri, avventure, viaggi e ancora libri.
Che ridere questi sogni da bambini.
Una volta scrivevo anche (o almeno ci provavo) e volevo raggiungere nell’Olimpo degli Artisti gente come Hemingway o King. Volevo almeno giocare nello stesso campo, se non arrivare allo stesso livello. E per un poco lo avevo anche fatto, scrivendo racconti, scrivendo poesie, scrivendo saggi e poi pubblicando dove potevo. Il pensiero generale di parenti e amici era però che stessi perdendo il mio tempo, visto che si sa che non ti mantieni scrivendo, e si sa che è una vita per gente che non ha la testa sulle spalle. E io ero uno con la testa sulle spalle, no?
Per questo avevo pian piano smesso di provarci, avevo smesso di sognare, avevo smesso di scrivere. Tanto non valeva la pena, non ce l’avrei mai fatta, e quindi che senso aveva?
E comunque non posso certo dire di essere sfortunato, dai. Mi occupo di web marketing, per vivere. Tutto il giorno su internet a giocare e sono anche ben pagato per questo.
Che poi in verità non sia proprio un gioco, il mio lavoro, lo sappiamo solo noi dell’ambiente. Che sia stressante e complicato e che a volte ti tolga la vita non è molto risaputo. La maggior parte della gente ci invidia e basta, o al massimo si chiede come possa esistere un lavoro così inutile.
E a volte l’inutilità e la mancanza di senso di questa vita le sento tutte. Oggi è un Blue Monday, ma domani sarà un Blue Tuesday, poi un Blue Wednesday e così via.
Il punto è: dov’è il senso a tutto questo?
Cioè, la vita mica può essere solo lo “sveglia, ufficio, pranzo, ufficio, casa, week end” che sto vivendo io, no?
Dov’è andata a finire la vita straordinaria che dovevo vivere, ma che non sono riuscito nemmeno a intravedere?
È mentre sto facendo l’ennesima strategia marketing che mi sale alla mente un pensiero: magari tutta la magia si è persa proprio nel momento in cui mi sono arreso e ho smesso di provarci. Magari è proprio il fatto di aver smesso di sognare, di voler restare piantato con i piedi per terra, che mi ha fregato. Come può esserci magia, come puoi volare, se ti tagli le ali da solo?
Ho mollato prima ancora di provarci davvero.
Troppo tardi, ormai. Sono troppo vecchio. Mi scrollo di dosso pensieri e sogni e rimetto la testa su quello che sto facendo. Queste riflessioni sono inutili, oltre che dolorose.
Meglio che continui a occuparmi di come fare in modo che l’ignaro utente clicchi su quel cazzo di bottone, mi lasci i suoi dati in cambio di un pidocchioso e-book e rimanga così intrappolato nella spirale di annunci e pubblicità in cui lo getterò.
Una volta ho letto una citazione di qualcuno che diceva all’incirca così: “Le migliori menti della mia generazione sono impegnate a scoprire nuovi metodi per far cliccare la gente su di un bottone.”
Ora, io non sono certamente una delle migliori menti di nessuna generazione, ma un po’ mi ci riconosco lo stesso. E quanti come me sono nella stessa situazione: che spreco di potenziale, all’inseguimento di scopi così bassi. Ma è proprio il sistema stesso ad essere così vuoto, e puntato alla ricerca di cose vuote. E noi a spingere le persone sempre di più verso questi vuoti sogni, come se comprarsi il nuovo smartphone o l’auto con il clima bizona ti definisse come persona e definisse la tua felicità.
Fight Club lo aveva già detto meglio più di vent’anni fa.
Mentre io continuo a inventare sistemi per raccogliere dati, spingere gente a spendere soldi, cliccare su un bottone, ricevere il coupon, fare il preventivo gratuito, la consulenza gratuita, la prima visita gratuita, mentre invento piani editoriali per fabbriche di bancali di legno, il tempo passa e io divento ogni giorno più vecchio e ogni giorno è più vuoto.
E pensare che una volta il mio obiettivo era diventare immortale, ergermi al fianco di Poe e Lovecraft e Dumas e Erikson. Vivere della mia Arte e scrivere libri che sarebbero rimasti nella storia e avrebbero cambiato il corso di vite e di mondi, conducendo nel frattempo un’esistenza ricca e stimolante come immaginavo fosse quella di un vero scrittore. Ma qui ritorno sempre nello stesso solco di pensieri da cui non mi scollo mai e che ha anche stancato: la vita piatta che conduco, quella che avrei voluto invece fare, le imprecazioni contro il destino, il sentirsi vuoti, senza scopo, blablabla. E comunque resto fermo a fare quello che ho sempre fatto, senza mai provare a fare di più.
Mentre continuo a lavorare, comincio a sentire dentro una sensazione potente che era un pezzo che non provavo. Normalmente questi pensieri mi provocano solo una leggera depressione per quello che non ho fatto, quello che non ho scritto, per tutto il potenziale lasciato sul tavolo. Questo almeno finché non mi devasto di birre o non mi rifugio dentro Netflix per ore di seguito.
Quello che adesso continua a venirmi in mente invece è il mio lettore mp3.
Non ascolto tantissima musica con le cuffie, ma quando faccio tratti lunghi in auto da solo, lo uso spesso attaccato all’autoradio, magari inserendoci prima una selezione delle migliori canzoni che voglio ascoltare in quel periodo. Capita a volte, però, che non lo usi per diverso tempo. Succede quindi che, quando poi ne ho bisogno, l’unica cosa che succede è l’apparire di una scritta sullo schermo: “battery low”, per poi vedermelo morire tra le mani, senza aver potuto ascoltare nemmeno una delle canzoni che c’erano dentro.
Ecco, non so perché, ma ora questa immagine mi sta tornando in mente di continuo, come se volesse dirmi qualcosa. Io non capisco, ma capisco la sensazione che mi sta nascendo dentro.
È rabbia, ed è rabbia profonda, verso un unico bersaglio: me stesso.
Comprendo ora, perché l’immagine nella mia testa continua a perseguitarmi. È una metafora precisa di quello che può essere una vita, e di quello che è la mia vita.
Ognuno di noi arriva a questo mondo “caricato” delle sue canzoni, diverse da tutte le altre mai esistite e che solo noi possiamo eseguire. Il nostro solo scopo di esistere è tirarle fuori e semplicemente cantarle.
Quanti invece rimangono “spenti” per tutta la durata della loro vita, senza fare mai uscire i doni che hanno dentro? Quanti arrivano alla fine avendo dato come unico segno di vita un “battery low” e null’altro?
Se non fa paura questo, non so cosa possa farlo.
Però in me quello che sento è solo rabbia, forse perché ho passato troppo tempo a vivere nella paura e nella depressione. Forse perché ci ho già riprovato più volte, a riprendere in mano i miei sogni e la mia vita, ma ogni volta sono ricaduto nel mio comodo status quo.
Come osi?
Come osi continuare a vivere così? A sopravvivere, a non essere tutto quello che puoi essere, a farti dirigere nelle tue scelte da paura e pigrizia?
Come osi non vivere, ma esistere e basta?
Cose osi non sfruttare ogni minuto che hai su questa terra, e che potrebbe essere l’ultimo?
Come osi rimanere anonimo e dimenticabile, per la sola paura di risultare diverso?
Come osi non essere TU?
Qualcosa in me si è svegliato, ed è molto incazzato. È un po’ strano sentirsi prendere a male parole dalla tua stessa mente, ma è questo che sta succedendo.
Il resto di me tenta di difendersi, in una discussione tutta interiore che mi distrae dal lavoro, ma che riesco a tenere nascosta, come se tutto fosse normale.
Parlo di mancanza di tempo, di impegni, di necessità economiche, familiari, sociali. Mi arrampico con eleganza su tutti gli specchi che riesco a trovare.
Fottiti. Lo sai anche tu che sono tutte cazzate.
Nonostante sia la mia stessa mente quella che mi offende, fa lo stesso l’effetto di uno schiaffo in faccia.
Se vuoi diventare quello che sei, devi solo volerlo. Si vede però che non lo vuoi abbastanza.
Si vede che i tuoi sogni, alla fine, non erano poi così importanti.
Si vede che non sono mai stati la tua priorità, e se non sono una priorità, non ci dedicherai mai energia o tempo.
L’obiettivo dei tuoi sogni non è mai stato quello di mantenerti, ma semplicemente quello di ESISTERE.
Per cui fottiti. O la smetti di lamentarti e deprimerti, o la smetti di tirare fuori scuse e ci PROVI.
Poi tace e con la voce tace anche tutto il resto della mia mente.
La verità rende liberi, dicono. A me ha reso muto.
Finisco la mia giornata di lavoro come uno zombie. Non parlo con nessuno, non vado al solito aperitivo dopo lavoro, non esisto.
Guido, e la mia mente è zitta. Parcheggio, e resta zitta. Entro in casa, passo attraverso ogni solita routine, e rimane sempre zitta.
Inizio a pensare alle priorità, ai sogni. Se i miei sogni non lo sono, cosa sto scegliendo nella mia vita come priorità? Netflix? La birra?
Poi entro in doccia, e lì si sveglia qualcosa, anche se non la voce di prima.
Mentre l’acqua mi scorre tra i capelli e mi rimbomba nelle orecchie, quella che sembra la figlia della voce che mi ha insultato fino a prima, inizia a parlarmi.
(Sì, lo so, è sempre la mia mente, ma a me sembra ogni volta qualcosa di esterno, che volete che vi dica.)
Ci va bene quindi come sta andando la nostra vita?
Non ci interessa alla fine quello a cui avevamo aspirato fin da quando eravamo bambini?
Vivere davvero, esplorare il mondo, essere liberi, indipendenti e provare a scrivere storie che saranno ricordate per sempre?
La voce non è incazzata, e non è nemmeno triste. Sembra solo curiosa.
Ci va bene essere quello che siamo ora?
Donare noi stessi a cose senza un senso, a cose senza emozione, a una vita senza Vita?
Dimenticare quello che volevamo, una Vita fatta di scelte che rendono il nostro corpo e la nostra mente sempre più forti, una Vita dedicata a lasciare il nostro segno nell’Universo?
Dimenticare che aspiravamo a voler fare qualcosa di più, a voler essere qualcosa di più, a voler usare il nostro talento, per quanto piccolo esso sia?
Se ci va bene, allora va bene. Ma che sia una scelta consapevole, non solo la tua pigrizia o la tua paura.
Ogni tua azione è una scelta. Ogni scelta è un passo. Ogni passo può essere nella direzione che tu decidi. L’importante è che sia la direzione che vuoi TU.
A quanto pare ho parti della mia mente che sono più sagge del “me quotidiano”.
Mentre mi asciugo dopo la doccia continuo a pensare alle scelte. E continuo a pensarci mentre svuoto nel lavandino tutte le birre che ho in frigo e butto nell’immondizia tutti i dolci e le schifezze che ho in dispensa.
Penso alle scelte che si fanno in ogni momento della giornata, da quello che fai, a come ti comporti con le persone, a come vivi.
Ci penso mentre mi preparo una cena a base di pollo e verdure.
Ci penso mentre stacco la spina alla TV e mentre cancello Netflix dal mio computer. Ci penso mentre stacco il wi-fi e mentre spengo il mio smartphone per la prima volta da mesi.
Continuo a pensarci mentre invece tiro fuori da un armadio la Moleskine che mi sono comprato anni fa, e la mia vecchia penna stilografica.
Ho paura. Paura che non mi sia rimasto più niente. Che tutto quello che avevo da dire e da raccontare sia sparito, che la mia fonte di storie si sia asciugata, come una falda acquifera durante una siccità.
Ma ci proverò comunque, perché questo è quello che ho sempre voluto, e non è importante che un giorno mi possa mantenere con la mia Arte o che diventi il prossimo Shakespeare. Questo è qualcosa che faccio per me, e come tale già solo il fatto di farlo sarà abbastanza.
Penso di nuovo alle scelte, e questa volta scelgo di seguire la mia rabbia e la mia speranza.
Ci penso mentre scrivo le prime parole di una storia che mi danza nella testa da un po’ di tempo e in cui ci sarà riscatto, amore e anche gloria. Farà schifo, perché sono arrugginito dal fatto di non aver scritto da anni, ma esisterà. E poi ne esisterà un’altra e un’altra e un’altra, per imparare e migliorare.
Se ogni momento è una scelta, è ora di iniziare a scegliere bene.