Uno degli incontri più importanti che ho fatto durante questo viaggio è avvenuto mentre lavoravo in una cattle station nel bush australiano. Lei si chiama Gabry, lavora in una station a una ventina di chilometri da dove abitavo io e ha poco più di trentacinque anni.
Gabry vive con suo marito in una bellissima casa su di una collinetta nel bel mezzo dell’outback, con una vista mozzafiato sulla loro proprietà, estesa per chilometri tutto attorno. Vivono qui anche due dipendenti, Amber e Scott, che li aiutano in tutti i lavori che comporta il fatto di essere proprietari di migliaia di vacche e di un allevamento di cavalli da corsa. Mac, suo marito, è leggermente più giovane di lei, dal sorriso facile, e alla fine della visita mi dice quanto piacere gli abbia fatto conoscermi, anche se non ho mai spiccicato parola.
Quel giorno ero arrivato lì a traino del proprietario della cattle station dove vivevo, per aiutare con dei tori da inviare ad uno show in programma la settimana dopo. Avevamo incontrato i quattro fuori dai capannoni, in procinto di rientrare per il pranzo. Ci avevano invitati a seguirli in casa e avevano rifiutato di ascoltare le nostre proteste sul fatto che non volevamo disturbare la loro pausa. Eravamo quindi entrati e ci eravamo sistemati su alcune sedie libere, mentre loro si scaldavano gli avanzi della sera prima per pranzare. Nella loro cucina campeggiavano ovunque le foto del matrimonio di Mac e Gabry, rigorosamente in bianco e nero, in cui loro due apparivano ovviamente raggianti e innamorati.
In queste immagini Gabry ha tutte e due le braccia.
Per tutto il tempo passato lì ho dovuto sforzarmi di non fissarla e di non fissare le foto, continuando a pensare a quanto era bella.
Una dozzina di anni fa, Gabry e Mac si erano appena sposati e stavano lavorando per allargare i capannoni davanti alla loro casa, quando, per una di quelle fottute casualità che non puoi impedirti di definire altrimenti, la donna era rimasta presa con la manica della camicia in una trivella. Gabry era stata sbattuta giù, schiacciata a terra e trascinata dalla forza della macchina. Quando suo marito e gli altri lavoratori erano riusciti a spegnere la trivella la situazione era disperata: il braccio destro le era stato letteralmente strappato dalla spalla, quello sinistro era martoriato. La donna era stata ferita anche alla schiena, alle gambe e alla faccia, ma era la perdita di sangue da quel che restava delle braccia che le stava facendo rischiare la vita.
Ora, per quelli che non sono mai stati nel bush australiano urge una digressione. Quando si parla di cattle station si intende una casa e alcuni capannoni circondati da centinaia o migliaia di ettari di terreno, dove le vacche pascolano in santa pace, spostate a seconda delle esigenze su diversi appezzamenti recintati. Tra una proprietà e l’altra ci sono spesso decine di chilometri, e le distanze dalle città sono a volte enormi, tutte da coprire su strade di ghiaia. In questo caso, da un punto di vista di un abitante di Oz, si potrebbe dire che la cittadina più vicina alla casa di Mac e Gabry non era poi così lontana, visto che si trovava a poco meno di cento chilometri.
Le circostanze di questa disgrazia furono però fortunate anche da altri punti di vista. Quando succedono incidenti simili, tutti gli abitanti delle proprietà vicine accorrono per aiutare. Destino volle che a casa di uno dei vicini ci fosse una donna che aveva avuto esperienza come infermiera, e che riuscì a prestare i primi soccorsi a Gabry, salvandole probabilmente la vita. Sempre il destino volle che il medico di turno che arrivò lì in ambulanza, dopo decine di chilometri fatti a velocità folle sulle strade di ghiaia di cui parlavamo prima, fosse sudafricano. La nazionalità non mi sembrava indice di particolari capacità quando me lo raccontarono, ma poi mi spiegarono come mai la cosa fu importante. Nel suo paese purtroppo aveva avuto occasione di vedere molte volte violenze abominevoli, e questo fece in modo che sapesse esattamente cosa fare in quei momenti. Riuscì addirittura a operare direttamente in loco la donna, senza perdere la testa. Gabry fu poi trasportata in ospedale in elicottero e da quel momento in poi per lei cominciò un itinerario tra una clinica e l’altra per tentare in tutti i modi di salvarle almeno il braccio sinistro. Inoltre in quel periodo, che si protrasse per mesi, la operarono varie volte anche alla schiena e alla faccia.
A distanza di dodici anni, quando l’ho conosciuta io, la situazione si è stabilizzata, anche se non in maniera perfetta. Gabry non ha più il braccio destro e il sinistro è solo un appendice che è perlopiù inutile, visto che a malapena riesce a stringerlo al corpo. Lo tiene la maggior parte delle volte legato al collo, proprio perché altrimenti è più un fastidio che altro. Il viso, quando è truccato, quasi non reca traccia dell’incidente, ma sui polpacci si può chiaramente vedere dove i medici hanno operato. Quello che le resta inoltre della disgrazia è un’emicrania continua, che la tormenta notte e giorno, e da cui non ha tregua nonostante le varie cure sperimentate. Il dolore alla testa però non è l’unico che Gabry deve sopportare: l’arto mancante le provoca sofferenza, il braccio che le è rimasto, anche se inutile, le provoca sofferenza, e così a volte la schiena.
Ora pensate: che fareste voi al suo posto? L’intera vita rovinata in un secondo e un futuro di fronte segnato da dolori continui e dalle enormi difficoltà che comporta il fatto di non avere braccia e mani. Che fareste?
Lei va avanti. Lei e Mac continuano la loro vita, gestiscono il loro ranch, lavorano, si divertono. Gabry affronta ogni giorno problemi che per noi non sono neanche immaginabili, e li affronta a muso duro, senza paura. Sono state fatte modifiche ai cancelli del loro ranch, ai gate dove passano le vacche, alla casa e a tutte le infrastrutture, ed è stata preparata un’automobile apposta per lei. Accende e spegne le luci col naso, ma è diventata molto snodata a livello delle anche, per cui è con i piedi che apre e chiude i rubinetti, che prende il volante o che fa molte altre delle cose che noi in automatico facciamo con le mani.
Gabry va avanti e non molla, anche nel bel mezzo delle sofferenze continue. Anche dovendo recarsi a Sydney una volta ogni due mesi, per vedere se i dottori riescono a fare qualcosa per il dolore, tentando l’agopuntura o qualsiasi altra terapia che possa venire loro in mente.
E’ lei che mi ha insegnato cos’è davvero il coraggio. Lei dovrebbe aver paura ogni giorno di mettere piede fuori da casa, con il rischio di farsi ancora male, invece prende e va. Prende e affronta un altro giorno di difficoltà e fatiche, di imprevisti che le si possono presentare, di dolore che probabilmente dovrà sopportare. Prende e si mette in gioco, andando a lavorare in mezzo a vacche che pesano mezza tonnellata, e gestendole senza esitazione, anche se priva di entrambi gli arti superiori. Gabry avrebbe tutto il diritto di dire Basta, non ce la faccio più. Basta, oggi non me la sento di uscire. Basta, oggi me ne sto rintanata a letto e aspetto che la vita passi. Ne avrebbe tutto il diritto, invece non lo fa.
Si alza e affronta la sua vita, come dovrebbe fare ognuno di noi. E senza lamentarsi.
E voi e io, abbiamo il coraggio di lamentarci di qualcosa? Abbiamo il coraggio di avere paura di qualcosa?
Vorrei dire un’ultima cosa su questa storia, però. Questa parte si chiama:
Dell’amore
Non è facile per Gabry, ma non è facile neanche per Mac.
Come vi ho detto, quando sono arrivato a casa loro, stavano per fare pausa pranzo. Domanda: come fa a mangiare una persona senza le braccia? Non lo fa, se non c’è qualcuno che la aiuta. E’ stato là che ho visto cos’è il vero amore, nella pazienza e nella tranquillità con cui Mac imboccava Gabry. Nella semplicità con cui si intendevano e con cui continuavano a discorrere con le altre persone nella stanza, con il marito che capiva sempre, senza che lei dicesse parola, quando la moglie aveva sete o quando era il momento di un altro boccone.
Mac e Gabry sono sposati da circa quindici anni: per dodici di questi anni lei è stata una persona non autosufficiente, completamente dipendente da lui. Nonostante tutto quello che hanno passato il loro legame si è solo rafforzato e ormai davvero la loro complicità e il loro comprendersi a vicenda sono totali.
Non è facile vedere la tua giovane moglie spezzata e starle vicino in tutti i momenti duri che si trova ad affrontare da quel momento fatidico in poi. Non è facile vedere l’albero rigoglioso del futuro che ti aspetta ridotto a uno scheletro da un fulmine a ciel sereno. Non è facile sapere che da quel giorno in poi dovrai essere sempre pronto ad aiutarla, in qualsiasi cosa, e non avrai mai, mai un’esistenza davvero felice.
E’ dura una vita così, è incredibilmente dura. Eppure lui lo fa da anni, e lo farà per anni ancora, senza mollare e senza farglielo pesare. Non è cosa di tutti i giorni.
Non ho mai visto niente del genere e non so se mai lo vedrò, anche se la speranza vera che credo dovrebbe animare ognuno di noi è quella di poterlo un giorno vivere, un amore del genere.